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Un esitante residuo di energia

Un esitante residuo di energia

Comincio oggi a scrivere dell’esperienza e delle emozioni che vivo a contatto con i bambini di strada, i lustrascarpe, che popolano le vie della città in cui abito. Non saranno racconti o meditazioni, ma brevi flash emotivi suscitati da questo mio incontrare i loro volti, mischiarmi con le loro vite. Non ne uscirà un “trattato sui bambini di strada”, né una “indagine psicosociologica” sulle loro vite, né una “raccolta di avventure” allegre o tristi che possano apparire. Solo un cercare di mettere per iscritto frammenti di pensieri, piccole emozioni, frasi rubate, sogni fatti sul marciapiede. “Dar voce alle lacrime!” diceva Shakespeare, ma anche ai sorrisi e al senso della vita che si trova anche dentro le situazioni più difficili… ecco forse, se ci riuscirò, farò questo.

…Li guardi laceri e polverosi, talvolta incattiviti, pronti ad approfittarsene, ma ti rendi conto che l’ombra non avvolge tutto, c’è un resto di vita che resiste nonostante tutto, una luce difficile da percepire, ma che se coltivata può illuminare la nostra stessa vita, un esitante residuo di energia che portato alla luce è capace di generare nuova vita, una particella di desiderio che si agita nell’anima e la mantiene viva. Cogliere quel barlume di desiderio, averne cura, avvicinarsi teneramente, vedere quanto esso sia simile ai nostri desideri e cercare di aiutarli a crescere e farli diventare opportunità di sviluppo per noi e per loro.

…Saper cogliere quel resto di umanità che ancora è rimasto in loro e che li fa nonostante tutto brillare davanti agli occhi di chi sa vedere.

…Non sono forme vuote, piccoli buchi neri dove ogni speranza viene ridotta ad un grumo nero e inghiottita a formare un nulla sempre più vasto.

…Quando incontri uno di questi volti, quando riesci a distinguerlo dentro l’ombra che lo avvolge e lo nasconde, subito ti rendi conto che il suo messaggio è sempre quello: dimmi che esisto! E con questo non significa che te lo devi prendere in braccio e portartelo a casa, ma che devi anzitutto rispondere alla sua richiesta di essere accolto dentro di te, di permettergli di far parte della tua vita, di non lasciarlo fuori dalla porta del tuo cuore, di permettergli di occupare un po’ di spazio dentro la tua anima, di trovare in essa un luogo dove poter crescere e svilupparsi, un luogo dove essere coltivato. Questi volti chiedono pane, acqua, ciabatte, ma prima di tutto essi hanno fame e sete di te. Sì proprio di te che passi per caso, che getti su di loro uno sguardo privo di fiducia se non addirittura di paura. Hanno fame e sete di qualcuno che li guardi con benevolenza, con accettazione, con simpatia e, chissà, con affetto.

…Per molti di noi che passiamo questi bambini sulla strada sono semplicemente, o poco più, di una parte del paesaggio urbano, il tasto stonato di un pianoforte a cui ci siamo ormai abituati e a cui non facciamo più caso.

…La possibilità di riscatto, più per noi che per loro, passa dalla nostra, di noi, capacità di vedere i loro volti, di distinguerne i profili individuali, di chiamarli per nome, di non lasciare che in un batter di ciglia i loro occhi con le loro domande precipitino nell’oblio dell’indeterminazione, nella massa degli stimoli che non lasciano traccia nella nostra memoria.