Guardare da vicino

“Mi compri la pomata per pulire le scarpe?”. Mi sorprende che Vadim mi faccia questa richiesta, lui sa che non compro queste cose. Con quanto guadagnano devono organizzarsi a prendere la materia prima per lavorare. Io li aiuto per il primo acquisto, ma poi devono sapersi organizzare. Allora cerco di capire perché lui, sempre così timido, si avventura in questa richiesta che già altre volte altri hanno ricevuto il mio rifiuto. Ma prima vi spiego brevemente chi è Vadim. Ha tredici anni e da quattro cinque anni vive sulla strada. Il perché, vallo a sapere. Quando aveva nove anni un notte mentre dormiva avvolto nella sua polverosa coperta cercando di ripararsi dal freddo impietoso, uno dei tanti raminghi che percorrono le strade di notte, resi folli dalla droga o dall’alcool, lo ha cosparso di un liquido infiammabile e gli ha dato fuoco. La reazione immediata gli ha evitato il peggio, ma ora la meta destra della sua faccia e del corpo sono deformati dai segni dell’ustione. Ma il sorriso rimane aperto e gli occhi sempre accesi di uno sguardo fiducioso. Solo dopo una giornata di pioggia passata a non recuperare nessun cliente e a non guadagnare nulla che gli permetta di comperare un po’ di cibo, lo vedi con lo sguardo spento e anche il lato sinistro del volto assume una smorfia di tristezza. Ebbene la notte scorsa, mentre dormiva il suo sonno inquieto cercando di sottrarsi all’umidità di questi giorni, una pattuglia della polizia passando nei pressi della sua base notturna lo ha preso per le gambe e caricato sulla loro macchina e portato alla centrale. Qui per un po’ gli hanno chiesto i suoi dati personali, poi l’hanno picchiato battendogli il fondoschiena con i loro manganelli e con il piatto delle loro “catane” (larghi coltellacci). In pratica hanno giocato un po’ con lui. Poi gli hanno preso il suoi pochi averi, compresi la pomata per pulire le scarpe, i quattro soldi che aveva e dopo avergli fatto lavare il pavimento e il bagno l’hanno ributtato sulla strada. Ora mi chiede di comprargli la pomata nera, quella che si usa di più. “Ma poi”, mi assicura, “con in guadagni che farò ti rifonderò il costo”.
Questo è solo uno dei molti inconvenienti che comporta vivere sulla strada. Chi ha forza e potere sente di avere il diritto di fare qualsiasi cosa impunemente. E lui, Vadim? Lui deve solo saper assorbire i colpi e saperci ridere su pensando che in fondo avrebbe potuto andare peggio.
Oggi Laurindo (detto “Leo il piccolo” data l’età infantile) era tutto allegro, esuberante. Chissà dove aveva trovato quella carcassa di biciclettina per bambini senza sella, senza pedali e con le ruote senza perno. Si era dato da fare a rovistare nei bidoni di immondizia e aveva recuperato due pezzi di ferro che sarebbero serviti da perni. Ed ora correva sul marciapiede, driblando i pedoni e le pozzanghere e sollevando qualche improperio tra le donne che vendono la frutta sul marciapiede. La faceva andare a spinta appoggiando un piede sul telaio e l’altro a far pressione sull’asfalto. Era tutto sudato, ma sulla sua faccia scura brillava uno smagliante sorriso e gli occhi traboccavano di eccitazione. Gli altri del gruppo lo guardavano con una certa invidia, altri fingevano di snobbarlo, ma quando “il Piccolo” si offrì di permettere loro di fare un giretto, tutti si accalcarono intorno ansiosi di fare questa meravigliosa esperienza. La sera arrivò rapida quel giorno e così anche il sonno. Stesi sul marciapiede sotto il solito lenzuolo che faceva da esile coperta i loro occhi si chiusero presi da un sonno striato di allegria. La mattina dopo la carcassa della bicicletta era sparita. Laurindo per un po’ fu triste e arrabbiato, ma la strada gli sta insegnando che tutto quanto di bene ci accade è sempre provvisorio, ma per fortuna anche nel male, si spera.
Se li guardi pigramente da lontano tutti loro ti appaiono simili: la stessa polvere, gli stessi stracci, la stessa ricerca affannosa di sopravvivere, la stessa fame rabbiosa di cibo e di allegria. Ma quanto più ti avvicini e ne pronunci il nome e li guardi negli occhi, vedi la varietà di sentimenti che li abitano, la pluralità di speranze, le differenti paure e di dubbi che li opprimono. Solo il futuro appare per tutti nebuloso come un paese lontano dove non sai se arriverai. In alcuni la vita urla, in altri sembra tacere in attesa. A volte i loro gesti esprimono domande che non trovano parole, altre volte le parole si spengono in bocca e non rimane che piegare il capo e aspettare che il sole sorga di nuovo.